Mattia è un esile bambino di 8 anni, con gli occhi grandi e luminosi. La prima volta che lo incontro, a casa sua, mi accoglie con una macchinina in mano, la sua preferita, mi racconta, con fare imbarazzato. Vengo chiamata dai genitori a ricoprire il ruolo di tutor in seguito ad una diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento di tipo misto.
“Ci eravamo accorti che rispetto agli altri della sua classe era molto indietro. Imparare a leggere e a scrivere è stata dura e ora comunque commette molti errori, non riesce a studiare da solo.”
Mattia è un bambino introverso, non socializza molto con i compagni di classe, non interviene e quando viene chiamato a rispondere fa scena muta confessando di non essere stato attento o di non aver capito la domanda. Dal suo sguardo sento come se non credesse in sè stesso e come se la sua gioia fosse schiacciata dagli ostacoli posti dal disturbo. Gli chiedo quale fosse la sua materia preferita e lui mi dice “le scienze, perché mi piacciono i vulcani.” Invece non va molto d’accordo con la matematica e l’italiano “perché non capisco.” I genitori vorrebbero che Mattia acquisisse un metodo di studio tutto suo per affrontare lo studio in maniera autonoma. Stabiliamo un percorso con due incontri settimanali di due ore ciascuno.
Mattia non ha uno spazio suo dove studiare; gli chiedo di farmi vedere il posto dove solitamente fa i compiti e mi conduce al tavolo posto in cucina e intorno al quale la famiglia consuma i pasti. Dice di avere una scrivania in camera sua, ma che è occupata “dal lavoro di papà”. Il padre la usa come studio, lavorando come libero professionista, spesso da casa. La madre mi appare molto apprensiva, lo osserva seduto al tavolo tutto il pomeriggio, insistendo affinché il bambino legga e rilegga fino alla comprensione, ma Mattia non si ritrova in questo metodo che sente faticoso e talvolta inutile. Il padre, dedito al lavoro, ha delegato alla madre il compito di guidarlo nello studio, pretendendo ottimi risultati senza coinvolgersi nel processo. Avverto un certo disconoscimento del disturbo del figlio. La maestra gli ha messo a disposizione alcuni schemi facili da leggere e la possibilità di usare il computer per consultare libri digitali, ma ciò non è ben visto da alcuni compagni di classe, che lo prendono in giro e non vedono il motivo di questi “privilegi”. Mattia non sa ancora ben definire il suo disagio e non sa né difendersi né spiegare il perché di certe accortezze da parte degli insegnanti. Di tanto in tanto la pressione è tale che Mattia esplode in attacchi di rabbia e oppositività, si rifiuta di andare a scuola e rifiuta il conforto dei genitori.
Il percorso con Mattia è iniziato con la riconquista della sua stanza. Oltre al lavoro sul metodo di studio, il mio compito è stato quello di curare il contesto; rimettere a posto la sua stanza è stato per Mattia un’attività divertente, durante la quale ha potuto esprimere sé stesso in modo creativo disponendo sulla scrivania i suoi oggetti preferiti oltre che a tutto il materiale per lo studio. Abbiamo creato un programma usando cartelloni e pennarelli colorati, un tableau interattivo dove il bambino può costruire da sé il suo programma settimanale. Questo non è stato solo un esercizio per assumersi la responsabilità del proprio studio, ma anche un modo per sviluppare un sistema di valutazione delle priorità. Mattia ha potuto sperimentarsi in giornate in cui aveva concentrato tutti i compiti più difficili, a sentire la stanchezza e constatare di non aver portato a termine i compiti, per comprendere come distribuire meglio la mole di lavoro. Abbiamo lavorato sul corpo per aumentare la concentrazione, migliorare la lettura e la percezione di se, respirando a fondo, usando la voce e…i piedi!
Non solo è diventato un bambino più autonomo, ma tramite specifiche tecniche di lettura e comprensione, è aumentato anche il suo senso di autoefficacia e la sua autostima ha subìto un netto miglioramento. Inoltre, abbiamo introdotto un sistema di autovalutazione: ogni incontro si conclude con un voto che Mattia dà a sé stesso su come crede che sia andato il tutoraggio, come ha sentito di aver studiato a livello pratico, come si sente a livello emotivo al termine dell’incontro, e come ha percepito la nostra relazione.
Il percorso di Mattia continua ancora, tra alti e bassi: i suoi miglioramenti hanno aumentato la sua motivazione, ma momenti di scoraggiamento e oppositività non hanno risparmiato, in alcuni momenti, la nostra relazione come specchio di tutte le difficoltà anche relazionali che Mattia affronta ogni giorno. Con il tempo è stato possibile diminuire gli incontri e concentrarci sul potenziamento di abilità acquisite, tuttavia la consapevolezza non ha smorzato l’entusiasmo come quello della prima volta. Ricevo sempre i messaggi di Mattia che recitano così:
“Chiara! Oggi ho preso 7 in italiano! La maestra ha detto che sono stato bravo!” ed io immagino sempre i suoi occhi grandi e luminosi colmi di energia nuova.